A Santa Margherita di Belìce e Roccapalumba divulgati i dati sui processi estrattivi di medio periodo tra innovazioni e bioprodotti nell’ambito dell’Economia circolare: dall’estrazione sostenibile di scarti di ficodindia alla conquista di nuove opportunità di mercato puntando sull’indicaxantina
Per contrastare gli effetti negativi del cambiamento climatico che, secondo le previsioni, colpirà soprattutto il mondo dell’agricoltura, a causa dell’aumento delle temperature, è necessario puntare su culture e processi produttivi sostenibili nell’ottica di un’economia circolare.
In questo contesto in Sicilia cresce l’attenzione verso l’Opuntia Ficus Indica, comunemente noto come Ficodindia, ritenuta coltura sostenibile, che, ricca di tante sostanze di particolare interesse salutistico, contenute non solo nel frutto ma anche nella buccia, può garantire alle imprese agricole interessanti margini di guadagno anche dalla commercializzazione degli scarti. Questo è infatti quanto emerge dalle attività del progetto EBioScart, volto alla valorizzazione degli Scarti di Ficodindia, che giunto ormai quasi in dirittura di arrivo, ha fatto nuovamente tappa a Santa Margherita di Belìce (AG) e Roccapalumba (PA), il 15 e 16 ottobre 2022, per una due giorni di attività scientifico divulgative, con convegni e la visita a un campo sperimentale.
«Per accrescere il reddito di impresa gli agricoltori confidano nella nostra attività di trasferimento e di prodotto sul territorio, con un Sistema Estrattivo Freesolvet, del tutto green, quindi sostenibile. Se fino a ieri si chiedeva solo sostenibilità ambientale, oggi non si può prescindere anche dalla sostenibilità economica. EBioScart nell’ambito di un’economia circolare comprende tutto ciò, e dimostra come dal frutto di ficodindia non si butta via nulla e si è in grado di restituire alla terra ciò che dalla terra è stato sottratto, ricavandone un profitto aggiuntivo». Con queste parole Carmelo Danzì, Innovation Broker del progetto EBioScart, ha introdotto le due giornate di divulgazione scientifico-economica che si sono svolte nelle due cittadine della Sicilia Occidentale sul tema “Valorizzazione degli scarti di ficodindia: consuntivo di medio periodo su innovazioni, bioprodotti e nuove opportunità di mercato”.
EBioScart rientra nella sottomisura 16.1 del PSR Sicilia 2014-2020 e ha come soggetto Capofila il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia, responsabile del progetto la dott.ssa Nicoletta Paparone. Partner di progetto anche il Di3A dell’Università di Catania, con gli studi guidati dal prof. Biagio Fallico e dal prof. Giuseppe Timpanaro, che hanno documentato come dai frutti non idonei alla vendita, applicando i processi estrattivi sostenibili, dalle bucce si ottengono pectine (con rese fino al 10.56%), betanine (contenuto medio di 7.38 mg/kg), e soprattutto indicaxantine (da un minimo di 3.66 mg/kg ad un massimo di 8.21 mg/kg), che non solo possono essere destinate all’industria agroalimentare, ma possono anche essere impiegate nell’industria nutraceutica e nella cosmesi, rappresentando così nuove e più interessanti opportunità di mercato.
«Il Dipartimento ha fornito a tutte le aziende e a tutte le realtà coinvolte la nostra assistenza per quanto riguarda le attività di laboratorio e il coordinamento scientifico del progetto. Abbiamo ora proposto un processo vero e proprio, finalizzato al recupero di sostanze ad elevato valore aggiunto da scarti di produzione. Dai frutti non idonei alla commercializzazione del fresco – ha detto il Prof. Biagio Fallico – abbiamo ottenuto diverse frazioni, a partire dalla polpa e dal succo. Poi abbiamo valorizzato anche i semi, estraendo un olio molto prezioso; abbiamo estratto anche un concentrato di betalaine, che può essere molto utile come colorante naturale, ma anche come stabilizzante di altri succhi. Non ultimo, le bucce, in seguito all’estrazione di pectine sono state convogliate in un impianto di biogas, per ritornare come digestato. Così, ciò che alla terra era stato sottratto, di fatto, è tornato al terreno come concime naturale».
Sulle opportunità internazionali di mercato dei prodotti di scarto sono stati incentrati gli interventi del prof. Giuseppe Timpanaro a Roccapalumba e del dott. Arturo Urso a Santa Margherita di Belìce, che stanno lavorando principalmente sui dati che riguardano l’Import-Export, e hanno parlato di un crescente interesse globale per le diverse sostanze e bioprodotti che si possono estrarre dal frutto dificodindia.
Partner di progetto, che coinvolge anche il Sud Ovest etneo, sono anche OP La Deliziosa, Azienda agricola Mulino Fiaccati di Laura Bonanno, Azienda agricola Lucia Bonanno, Azienda agricola Giacomo Abruzzo, Ficurinia Srls, Promotergroup Spa.
«Il Progetto EbioScart – dichiara il dott. Dario Cartabellotta, dirigente generale del Dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana – è nato nell’ambito del Piano di Sviluppo Rurale, con cui l’Unione Europea ha investito sulla collaborazione tra aziende, imprese, Università, Industria di trasformazione. Il ficodindia è un frutto eccezionale ma anche una miniera di salute per tutte le molecole di interesse salutistico, soprattutto l’indicaxantina, che danno la possibilità anche al mondo della farmaceutica e nutraceutica di poter lavorare e investire su questo prodotto».
Interessante quanto emerge anche dalle dimostrazioni e applicazioni nei campi sperimentali degli scarti ottenuti da processi con digestati solidi e liquidi come fertilizzanti e quali siano le risultanze agronomiche. «Con Ebioscart – conclude l’Innovation Broker Carmelo Danzì – nell’ambito dell’economia circolare, abbiamo ottenuto come unico scarto il digestato liquido e solido. Il progetto si poneva due obiettivi: da un lato aumentare la pezzatura del prodotto, e dall’altro lato avevamo l’esigenza di verificare il nesso causa-effetto tra l’apporto del digestato e il miglioramento dello stato generale della cultura arborea. Grazie alle analisi chimiche ci siamo accorti che l’apporto di digestato ha comportato una variazione di parametri di chimica del suolo quali la capacità di scambio cationico, la capacità di nitrificazione, da bassa a media, la capacità di ottenere una maggiore quantità di carbonio organico. Dal punto di vista agronomico ciò ha consentito di anticipare l’epoca di scozzolatura; ha comportato una maggiore produzione di secondo fiore, senza comprometterne la prezzatura e l’integrità del frutto. Quindi si è raggiunto l’obiettivo di creare un nesso causa-effetto tra l’uso del digestato, pratica agricola e miglioramento dell’aspetto merceologico delle produzioni ottenute».